Via Bottarone 9/1, Verrua Po (PV)
+393388601823
info@pappagalliinvolo.it

PICA e CANNIBALISMO

PICA e CANNIBALISMO

 

NOZIONI GENERALI
Il significato attribuito ai termini pica (detta anche plumofagia o pterofagia) e cannibalismo non sempre è univoco. Tuttavia l’orientamento dominante è incline a intendere per pica quella manifestazione morbosa che porta i volatili a divellere (non necessariamente a mangiare) le proprie e le altrui piume, mentre per cannibalismo il beccaggio di tessuti cutanei e, sovente nei galliformi, altre parti corporee (retto, ecc.).

In genere la plumofagia rappresenta il primo stadio del cannibalismo, comunque sono stati riscontrati dei casi in cui tali manifestazioni si sono verificate isolatamente; in altre parole non sempre il cannibalismo è stato preceduto da pica, e quest’ultima, poi non ha condotto al cannibalismo. Naturalmente questo patologico comportamento non ha nulla in comune con lo strappamento delle piume al quale ricorrono alcune femmine desiderose di reperire materiale per la costruzione del nido. Parimenti quando i maschi di diamante mandarino infliggono vigorose beccate (strappando spesso diverse piume) ai pullus di 35-38 giorni di vita, non sono affetti da pica, ma a loro modo impartiscono delle «lezioni di vita»: così facendo, infatti, i giovani d.m. imparano a conoscere la figura patema e, di conseguenza, a distinguere i maschi dalle femmine, mentre questa capacità di discernimento sembra venir meno nei soggetti allevati da uccelli appartenenti ad altre specie. Per comodità raggruppiamo gli agenti eziologici, formandone cinque divisioni, ma giova chiarire che tale classificazione è soprattutto dettata da esigenze espositive, in quanto siamo consapevoli che spesso tali elementi causali interagiscono fra loro e, date certe caratteristiche, potrebbero essere ascritti anche a un altro gruppo. Il territorio è un fattore importante nella vita degli animali. Esso, infatti, rappresenta una fonte di cibo necessaria per la sopravvivenza sia degli adulti sia della prole. Pertanto, se non ci si è assicurati una zona, le cui dimensioni possono variare secondo il coefficiente di risorse alimentari, si è esclusi o emarginati dalla lotta per la vita. Ciò gli animali lo sanno per istinto e difendono la loro supremazia territoriale con tutta l’aggressività che è loro possibile. Ora in cattività, dove il cibo è reperibile facilmente e in quantità eccedenti il fabbisogno! Tale comportamento aggressivo è notevolmente ridotto, ma pur sempre esistente e si manifesta in tutta la sua potenzialità quando lo spazio vitale, a causa del sovraffollamento, è molto limitato. Per questo motivo l’allevatore deve evitare quanto più possibile motivi di attrito, mettendo a disposizione un congruo numero di mangiatoie, beverini, posatoi, nidi e, naturalmente, gabbie più ampie. Un altro elemento da non trascurare è l’eccessivo grado di calore ambientale, al quale gli uccelli sono particolarmente sensibili, data la loro elevata temperatura corporea (in genere supera i 40°C). Esprimendo questo concetto più dettagliatamente, riporta i seguenti valori relativi a ricerche effettuate sui passeriformi:
temperatura letale inferiore (ipotermia): 21,7 °C; temperatura critica inferiore: 36,9 °C;  temperatura critica superiore: 44,8 °C; temperatura letale superiore (ipertermia): 46,8 °C.

Da tutto questo si comprende agevolmente che nel caso in cui i locali d’allevamento siano troppo caldi, si verificano delle disfunzioni fisiologiche, fra le quali un eccessivo sollecitamento del sistema nervoso, che è poi all’origine di una maggiore intolleranza tra pennuti. Anche la luce non va misconosciuta. È stato rilevato, infatti, che intense esposizioni ne scatenano il comportamento vizioso in esame. Nel settore avicolo (quello più studiato) sono stati fatti degli esperimenti, che hanno messo in evidenza anche il tipo di luce responsabile: quella verde e bianca producono effetti negativi, mentre quella rossa non dà luogo a inconvenienti. Anzi, giova sottolineare che quest’ultime irradiazioni luminose favoriscono il raggiungimento della forma amorosa e, nei giovani uccelli, la rapida maturazione delle gonadi. Altri elementi, talvolta, possono essere costituiti da ambienti troppo asciutti, polverosi o poco ventilati.

Ecco come sono ridotti dei giovani, vittime della pica dei genitori, in diversi casi si può anche assistere alla morte dei Piccoli. (foto di E. Caprioli)

 

 

 

 

ALIMENTAZIONE
È la causa che si riscontra più di frequente e si deve imputare, in genere, a regimi alimentari non bilanciati, monotoni e prolungati: la sintomatologia non tarderà a manifestarsi, specialmente se sussistono altri fattori concomitanti. È ormai un’acquisizione  consolidata da molti studi ed esperimenti che alla formazione di piume e penne concorrono alcuni aminoacidi fra i quali spiccano la metionia, arginina e cistina. Ed è anche alla loro carenza che si deve l’insorgere della plumofagia e cannibalismo (1). Tanto è vero che opportune integrazioni di essi si rivelano efficaci  a  far  regredire la sintomatologia.  Comunque osservato che un iperdosaggio di metionina è causa di una diminuita ovo deposizione e di gusci deformi. Di rilievo è poi la funzione delle vitamine, poiché interagiscono nella sintesi di diversi aminoacidi e quelle maggiormente chiamate in causa sono la B2 e la B 12, ma alcuni autori non escludono la A la D ed anche la PP. Gli apporti di calcio, manganese, magnesio, zinco, rame e cloruro di sodi o devono, inoltre, essere tenuti nella debita considerazione, in quanto è alla loro carenza che si deve il manifestarsi delle turbe. Un’altra forma di cannibalismo, di diversa eziologia e manifestazione, è stata registrata nei rapaci ospitati in aviari del Canada, dove il freddo, facendo  congelare  il cibo, spingeva le femmine a divorare per fame i compagni. I pappagalli, uccelli molto intelligenti e di sensibilità spiccata, risentono più di altri di un’isolata cattività, ma tale inconveniente può essere ovviato fornendo loro un compagno o istaurandosi col proprietario un rapporto confidenziale, che qualche volta può trasformarsi in una vera e propria possessività.

Ancora una foto che dimostra in maniera chiara i danni non solo alle piume, ma anche alle penne delle ali subiti da un canarino novello.(foto E. Caprioli)

Alla luce di quanto premesso, non ci si stupirà se un rilevante numero di psittacidi sfoghi, in condizioni sfavorevoli, le proprie frustrazioni strappandosi le piume, fino a interessare anche vaste aree del corpo.

Ma, per fortuna, i sintomi possono manifestarsi e-o scomparire rapidamente. In proposito va segnalato il caso di un parrocchetto affetto da pica, che, ceduto a un veterinario, guarì entro 48 ore. Fu tenuto, infatti, nell’ambulatorio insieme a cani e gatti (ovviamente in gabbia): ne deduciamo facilmente che il pennuto abbia trovato ambiente ricco di stimoli (anche «affettivi») e tale da  non  lasciare  posto  alla  noia  (conseguenza spesso trascurata e che in parte si può impedire mettendo a disposizione dei batuffoli di ovatta pezzi di legno, mazzi di verdura, ecc.). Concludendo, la pica può essere l’esasperata e auto lesioni sta reazione (alterando lo strato protettivo di piume si ha una maggior e vulnerabilità alle malattie specialmente quelle respiratorie) a uno stato di «deprivazione affettiva» che in un certo modo e senza degenerare in uno spirito antropomorfismo, trova il suo correlato nelle manifestazioni psichiche dei bambini costretti a vivere in una situazione d’incertezza affettiva. Cessa Feverabend scrive di aver posseduto un parrocchetto ondulato maschio, che, affetto da disturbi dell’apparato digerente, strappava le piume alla compagna e al figlio. Successivamente, sottoposto ad una terapia antibiotica, lo stato di salute migliorò decisamente. Molto più conosciute fra gli ornicoltori sono le conseguenze prodotte da alcune malattie della pelle (dermatiti, ecc.) o da infestazioni di ectoparassiti (per esempio acari) o da intossicazioni. In questi casi invero, s’ingenera un prurito e stato d’irrequietezza (talvolta di notevole entità) che spinge i pennuti a beccarsi, a beccare e forse anche a farsi beccare. Un’autorevole testimonianza di una sorta di masochismo d’imprecisata eziologia, riportata nel  testo  «patologia aviare e igiene negli allevamenti avieoli» del prof. Altara, c’è offerta dal Pellettan che riferisce di aver visto dei galli spingersi immobili contro la rete attraverso la quale alcune galline situate dalla parte opposta, strappavano e mangiavano loro le piume. L’esame necroscopico praticato su alcuni soggetti colpiti da plumofagia non ha messo in evidenza alterazioni o lesioni di rilievo ad eccezione di più o meno consistenti ipertrofie del fegato. Quando si procede ad effettuare accoppiamenti di spinta consanguineità può accadere che alcuni riproduttori (specialmente le femmine) mangino le uova, spiumino o, nel peggiore dei casi, sventrino o mutilino i propri nidiacei. Questi volatili, una volta sottoposti ad un’opportuna terapia e alimentazione in genere non manifesteranno più tali inclinazioni, ma può accadere che qualche figlio (anche di diverse nidiate) si comporti come i genitori: tali sono le nostre osservazioni effettuate su diversi ceppi di canarini e diamanti mandarini. Fra le probabili cause di questo fenomeno, quella della diminuita trasmissibile capacità di assimilare certi elementi utili è forse la più attendibile. La terapia, data la complessità degli agenti causali e la conseguente incertezza di una specifica diagnosi, deve, quanto più possibile, essere mirata a un vasto raggio d’azione cioè tenendo conto di tutti i probabili fattori che potrebbero concorrere nel caso in esame. Qualora tale vizio non sia circoscritto a qualche soggetto facilmente isolabile, può essere utile la somministrazione di calmanti che naturalmente non vanno considerati dei curativi, bensì un rimedio atto a contenere i danni in attesa che la terapia e-o, la rimozione di altri elementi sfavorevoli diano risposte positive. E’ da rilevare per spirito di completezza che alcuni ornitofili sconsigliano l’uso di queste sostanze perché, se mal dosate, possono essere causa di squilibri. Comunque alla luce di nostre recenti esperienze, possiamo affermare che, se qualche perplessità possono destare i tranquillanti di sintesi quelli di origine vegetale per esempio, la camomilla non danno luogo a nessuna contro indicazione. anche se forniti per lunghi periodi. Per limitare ulteriormente il diffondersi della pica e cannibalismo, è opportuno asportare dalle piume e dalla pelle qualsiasi traccia di sangue la vista del quale rappresenta un notevole mezzo d’eccitazione che può degenerare in un vero e proprio parossismo. Non sarà inutile ricordare che le penne in fase di crescita sono tenere e gonfie di sangue il quale fuoriesce facilmente dalle lacerazioni prodotte dalla veemenza delle beccate. Le parti colpite, poi, vanno protette con blu di metilene o glicerina iodata ovvero queste soluzioni oltre ad essere dei buoni disinfettanti conferiscono alle zone interessate una colorazione scura, che attenua parzialmente lo stimolo al beccaggio. Come abbiamo dinnanzi accennato, le cause di natura alimentare sono le più frequenti ed è ovviamente in questa direzione che devono essere rivolte le prime cure. Pertanto è opportuno effettuare prontamente delle massicce integrazioni vitaminiche, proteiche e di sali minerali (eccezione fatta quando vi sono dei fondati sospetti di tossicosi), non trascurando di variare l’alimentazione, che deve comprendere più specie di frutta e verdura, pastone arricchito con lievito di birra e uovo sodo e osso di seppia a volontà. Inoltre se graditi efficaci si rivelano anche gli insetti (larve di tenebrio molitor, ecc.). Dalla supposta disamina degli agenti eziologici si ricava, più o meno direttamente, un orientamento circa gli accorgimenti profilattici da adottare. Ma è necessario aggiungere che una certa attenzione va rivolta all’igiene dell’allevamento e segnatamente, dei volatili (con abluzioni e nebulizzazioni di acqua nei soggetti riluttanti). Va infine notato che i volatili più deboli, malati o feriti devono essere isolati e quelli che manifestano il comportamento morboso vanno esclusi dalla riproduzione.

Articolo di  GRAZIANO FABRIS

Graziano Fabris ha sempre nutrito fin da bambino un grande interesse per gli animali in genere e per gli uccelli in particolare. Appassionato ornitofilo, alleva fin dalla più giovane età uccelli esotici, indigeni, canarini e loro ibridi. Dal 1994 è Presidente della FIMOV e Direttore della rivista “OASI aci”. Dal 2001 al 2008 si è occupato del Progetto di educazione Faunistica promosso dalla provincia di Treviso per continuare fino al 2012 per conto della FIMOV incontrando oltre 112.000 bambini e ragazzi dalla quarta elementare alla quinta superiore, oltre 11.000 insegnati e organizzato 609 pullman per uscite con le scolaresche sul territorio con mete preferite la Foresta del Cansiglio, la Restera del Sile, la Foce dell’Isonzo, i Parchi Zoo di Lignano e quello del Cappeller. Ricopre inoltre la carica di Presidente dell’Ente Feste Varaghesi che, dal 1973, organizza, tra l’altro, dei prestigiosi appuntamenti per l’uomo con la flora e con la fauna. 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *