Quando sono gli animali a essere obesi (per colpa degli umani)
Ne parla «Ciccioni pennuti» di Sara Marullo. Se gli uccelli per la pesantezza diventano «terricoli» rappresentano un pericolo per se stessi e per l’uomo. La Lipu: «Danno enorme». Lo zoologo Genovesi: «Fare i conti con la crescente biodiversità nelle metropoli»
(nella foto una illustrazione del libro di Sara Marullo «Ciccioni pennuti», illustrazioni Valerio Giacone)
Migliaia di uccelli sorvolano il cielo di Roma. D’improvviso smettono di librarsi, cercano cibo in strada e zampettano fra la folla come fossero passanti qualsiasi. I movimenti rallentati, incapaci di qualsiasi scatto, goffi e appesantiti. È avvenuta la loro trasformazione in gabbiani e storni terricoli: Ciccioni pennuti, come scrive Sara Marullo nell’omonimo libro (Ag Book Publishing) per ragazzi, ma adatto anche agli adulti. Il racconto fantastico, ma neanche troppo, ha forti risvolti nell’attualità: gli effetti sulle specie animali dei cattivi comportamenti dell’uomo.
«Ciccioni pennuti»: perché se per gli uomini essere sovrappeso è una condizione di sofferenza, lo stesso accade nel mondo animale, con ulteriori risvolti. Specie predatrici abituate all’inseguimento e alla caccia pigramente assuefatte al cibo a portata di becco e di muso nelle vie cittadine; esemplari selvatici ridotti a dipendere dall’uomo, alimentati con cibi non adatti, quando non velenosi. I toni del volume, con le sognanti illustrazioni color pastello di Valerio Giacone, sono quelli della favola: una miriade di gabbiani, piccioni, passerotti, merli, cornacchie, parrocchetti, costretti a rimanere ancorati a terra, in una forzata convivenza con l’uomo dalle inaspettate conseguenze. Cortei dei pennuti che mandano in tilt il traffico cittadino. Volontari che cercano di indurre un calo di peso facendo esercitare le creature alate fra attrezzi ginnici e tapis roulant. Ordinanze del sindaco, ronde umane anti-invasione, gattare senza più gatti: nello svuotare le scodelle hanno la meglio i pennuti ciccioni.
Non è sola invenzione, purtropp o. Il fen omeno è sotto il costante monitoraggio della Lipu, la Lega italiana protezione uccelli: nei dieci centri recupero dell’associazione nel 2019 i volatili che sono arrivati in una condizione di grave intossicazione alimentare sono stati 206. «Per la maggior parte, a Roma, si tratta di gabbiani reali – spiega Chiara Manghetti, responsabile Educazione ambientale e formazione Lipu -. Abituati a trasvolare i mari cibandosi di pesce, sono richiamati in città dalla enorme quantità di nutrimento di facile portata. Scarti di cibo che fuoriescono dai cassonetti, sacchetti sottili da perforare. Paradossalmente i gabbiani sono ormai più numerosi nella metropoli che nel loro habitat naturale, sul litorale. Le conseguenze per la salute sono devastanti: il loro apparente digerente non è predisposto all’elaborazione di rifiuti umani, quindi non solo si ingrassano, ma si ammalano. Le soluzioni? Cassonetti chiusi ermeticamente, per esempio. Ma non è semplice, nelle metropoli».
Altro aspetto: la tendenza a voler nutrire gli uccelli di città secondo parametri umani. «D’inverno possiamo prestare soccorso agli animali di piccola taglia come passeri, merli, cince, pettirossi, sistemando mangiatoie all’esterno delle case. Tutti gli altri sono in grado di sfamarsi da sé, è nella loro natura!» avverte la responsabile Lipu. L’associazione ha realizzato un divertente volumetto pieno di disegni colorati dal titolo Il giardino segreto per spiegare come creare piccoli angoli di verde in città, scrigni di biodiversità per «pennuti» sani e felici: i cosiddetti birdgarden. Bastano un terrazzino o un balcone, e entrare in contatto con i volatili bisognosi di cure è semplice: «Disporre piante e piccoli arbusti in vaso, piante aromatiche, una vaschetta con l’acqua. È possibile aggiungere mangiatoie in inverno (sempre con il tetto o del tipo “appeso”, per non far avvicinare i piccioni e altre specie che non hanno bisogno di essere nutrite). Se sono presenti porte o finestre di vetro, è bene appendere tende all’interno oppureattaccare sagome anti collisione sui vetri – il consiglio – per evitare che gli uccelli vadano a sbattere». Facile e divertente, oltreché istruttivo per adulti e bambini.
Conosce bene il tema Papik Genovesi, zoologo ed esperto di conservazione delle specie animali, ricercatore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Tra i massimi conoscitori delle cosiddette « specie aliene invasive», collabora con l’Unione mondiale per la conservazione della natura e con la Convenzione delle Nazioni Unite per la biodiversità. «Se gli animali vivessero nei loro ambienti non sarebbero mai obesi – osserva -. In natura l’obesità non può esistere, perché un uccello che vola male o è impacciato diventa una facile preda per le altre specie cacciatrici. Se mettiamo a disposizione di ratti e cinghiali grandi quantità di cibo molto elaborato facciamo del male a loro e mettiamo in pericolo noi stessi: le scorribande dell’orso Carrito per le vie di Roccaraso non devono essere interpretate come una divertente curiosità, così non lo sono le volpi in fuga nei comuni della zona di Pescasseroli, bersagli delle auto che percorrono l’autostrada ad alta velocità».
L’informazione è fondamentale, avverte Genovesi: «In America si usa avvertire i visitatori dei parchi con cartelli dalla scritta: “Chi dà da mangiare a un orso lo uccide”. Potrebbe essere anche in Italia un deterrente. A piazza San Marco a Venezia è da qualche tempo vietato offrire cartocci di semi ai piccioni. I turisti sono avvisati con numerosi totem. In Gran Bretagna la questione si ripropone con i ricci». Gli ormai famosi pingui cinghiali capitolini? «Non sono solo un fenomeno romano, ma un serio problema per un centinaio di città italiane, da Genova, a Isernia, Trieste e Bari» f a notare Papik. «Ora che le città diventano più verdi, ed è una fortuna, e c’è un aumento di sensibilità verso l’ambiente – conclude Genovesi – occorre essere informati correttamente su come convivere con le nuove sfide della biodiversità».
art. di Laura Martellini
https://www.corriere.it/animali/21_dicembre_06/quando-sono-animali-essere-obesi-per-colpa-umani-783ea7e8-5480-11ec-98a1-668fb2fc840e.shtml